La peste è una zoonosi dovuta al batterio Yersinia pestis, che si trasmette il più delle volte dai roditori all’uomo attraverso le pulci, ma anche tra gli uomini per via respiratoria. Senza un adeguato e rapido trattamento antibiotico, il suo decorso è fatale nel 30-60% dei casi.
Quali sono i sintomi?
La peste presenta diverse forme cliniche (setticemia, emorragica, gastrointestinale…, e anche forme benigne), ma due sono largamente predominanti nell’uomo:
La peste polmonare, la più letale. Una tosse muco-purulenta con presenza di sangue e dolori al petto si aggiungono ai sintomi generali della peste bubbonica.
La peste bubbonica più comune. Si manifesta con la comparsa improvvisa di febbre alta, mal di testa, un attacco profondo dello stato generale e dei disturbi della coscienza. È caratterizzata dal gonfiore dei linfonodi, spesso a livello del collo, delle ascelle e dell’inguine.
Come si trasmette la malattia?
La peste infetta i piccoli animali e le pulci che li infestano. Si trasmette dall’animale all’uomo attraverso le punture delle pulci infette, attraverso il contatto diretto, l’inalazione e l’ingestione di materiale infettivo.
Se il bacillo Yersinia pestis raggiunge i polmoni, l’individuo sviluppa una peste polmonare che può poi essere trasmessa ad altre persone per via respiratoria durante la tosse.
Gli esseri umani morsi da un chip infetto di solito sviluppano la forma bubbonica.
Come curarli?
Nelle zone endemiche è opportuno proteggersi dalle punture di chip e tenersi lontani dai roditori e dalle carcasse di animali. Se diagnosticata in tempo, la peste bubbonica viene curata con successo con antibiotici: la streptomicina, il cloramfenicolo e le tetracicline sono gli antibiotici di riferimento raccomandati dall’Istituto Pasteur. La chemioprofilasi (chiamata anche «chemioprevention»), che consiste nel somministrare tetracicline o sulfamidici, nel caso della peste, è efficace per proteggere l’ambiente immediato dei soggetti colpiti, spiega anche l’Istituto Pasteur. In passato sono stati sviluppati diversi vaccini, ma oggi sono riservati al personale di laboratorio, poiché si sono dimostrati poco efficaci nella lotta contro le epidemie.